Gesù, con parole semplici e radicali, ci guida oggi a una domanda fondamentale: dove stiamo mettendo il nostro cuore? Perché il cuore segue il tesoro. E se il tesoro è terreno, fragile e passeggero, anche il cuore finirà per logorarsi dietro a cose che non durano.
La vita ci spinge spesso a cercare sicurezza nelle ricchezze, nel successo, nei beni materiali. Ma il Vangelo ci ricorda che tutto ciò può svanire: “Tarma e ruggine consumano, ladri scassinano e rubano”. Solo i tesori in cielo, fatti di amore, giustizia, fedeltà, carità, durano per sempre.
Il cuore si nutre di ciò che desidera. Se desidera cose buone, si dilata. Se desidera il possesso, si rattrappisce. Per questo Gesù ci invita a vigilare sul nostro sguardo: l’occhio, dice, è la lampada del corpo. Se è puro, tutto in noi si illumina. Ma se è malato, tutto si oscura.
Un occhio semplice, nella tradizione ebraica, è quello di chi guarda con verità, senza doppiezza, senza invidia o avidità. È lo sguardo di chi sa vedere l’essenziale, di chi sceglie la luce anche nelle ombre della vita. Uno sguardo così rende l’intera esistenza luminosa, anche nei momenti difficili.
Questo Vangelo ci chiede una conversione dello sguardo e del cuore. Ci invita a rivedere le priorità, a liberarci da ciò che ci trattiene a terra per volgere lo sguardo verso il Cielo, dove il vero tesoro è l’amore che doniamo, la pace che costruiamo, la fede che custodiamo.